Addio a Nanni Capponi

Ricordo di Giovanni Capponi

Ci eravamo scambiati il solito affettuoso ciao ancora pochi mesi fa, appena prima dell’estate, quando allo Sporting si era svolto un convegno dei giornalisti sullo stato di salute delle istituzioni, Inpgi e Casagit. Voce di un collega appena arrivato: c’è Nanni Capponi all’ingresso ma è in carrozzella, non può salire, ci tiene a rivedere qualche amico, aveva detto. Ero sceso al piano terra, la stretta di mano vigorosa come sempre, l’abbraccio, il sorriso che comprendeva e riassumeva stima, simpatia, anni di lavoro comune. E’ l’ultimo flash, me lo tengo stretto. Giovanni Capponi, classe 1926,  è mancato lunedì 21 ottobre a 93 anni compiuti. Un uomo e un professionista sempre a testa alta anche quando le gambe non lo reggevano più.

L’immagine  che tutto riassume l’ha scritta  Gian Paolo Ormezzano sul Corrierone: Nanni era il <bassista> dell’orchestra che suonava sport dalle colonne della Stampa, teneva insieme gli strumentisti senza mai dover alzare la bacchetta da direttore. Si occupava di sport, perciò diciamo che era il regista. Nel contesto storico della Stampa va ricordato come il primo ad aver creato una squadra dopo gli anni dei solisti. Al quotidiano torinese per una vita  era bastata la firma di Vittorio Pozzo, commissario tecnico della Nazionale di calcio, giornalista, un fiore all’occhiello, per catturare l’interesse degli sportivi. Il giovane Capponi aveva fatto tesoro delle prime esperienze alla <Gazzetta del Popolo>, le aveva maturate poi a Milano, al <Giorno>, quotidiano moderno cui non era sfuggito quanto lo sport, pilotato da Gianni Brera e Giulio Signori. stava crescendo nei gusti .

Nanni era stato assunto per raccontare le partite della Juventus e del Torino, faceva la spola fra le due città. Proprio tornando a Milano dopo un incontro casalingo del Toro aveva avuto un incidente d’auto che gli aveva creato seri danni a  una caviglia. Quando arrivò l’offerta della Stampa l’accettò, a patto di poter lavorare in redazione. Al desk, si dice oggi. Erano gli ultimi Anni Sessanta, il responsabile sportivo torinese Paolo Bertoldi stava lasciando l’incarico, a poco più di quarant’anni per Nanni arrivò la promozione. Forte dell’esperienza milanese, Capponi si mise alla costruzione della sua squadra. Bruno Perucca,  Gianni Pignata, Ferruccio Bernabò, Michele Fenu, Rino Cacioppo…

Alla Stampa lo sport non aveva ancora cittadinanza nella riunione mattutina di direzione, il referente di Capponi era il vicedirettore Carlo Casalegno, che con una intuizione lungimirante convinse Giovanni Arpino, già collaboratore del quotidiano, a inoltrarsi anche in quel terreno incolto.  Arpino collocò all’onor del mondo tanti eroi poco conosciuti come i campioni del pallone elastico Manzo e Balestra, ai quali dedicò in un’occasione parole magiche. Quando lo scrittore si trasferì a Milano, al Giornale di Montanelli, fu Gian Paolo Ormezzano a raccoglierne l’eredità.

Dopo quasi vent’anni di guida amorevole dello sport, Nanni Capponi , esperto anche di boxe, getta l’asciugamano e scende dal ring. Stop, è l’ora della pensione. La parola <amorevole> non è scritta a caso. Aveva cercato di accogliere sulle sue pagine,  che ancora negli Anni Ottanta erano spazziose come lenzuola, i grandi eventi ma anche quelli cosiddetti minori, tamburello, bocce, pallone elastico, il cuore della domenica per le province piemontesi. Dosando gli spazi come un farmacista con equilibrio  e senso della misura, quella misura che sempre  ha usato con la sua squadra. A volte discussioni fra uomini, anzi fra gentiluomini. Quale è stato Nanni. 

Buon viaggio.

GIANNI ROMEO