Addio al giornalista Claudio Donat-Cattin

Si è spento a Roma, all’età di 79 anni, il giornalista Claudio Donat-Cattin, originario di Murazzano, nel Cuneese.  È stato autore di programmi Rai, vice direttore di Rai Uno, della “Gazzetta del Popolo” e de “Il Giorno”. Il padre, Carlo Donat-Cattin, è stato segretario della Democrazia Cristiana e ministro.

Il ricordo di Ettore Boffano

 La foto, del 1974, è in bianco e nero. Nello stanzone della Gazzetta del Popolo di corso Valdocco 2, un gruppo di persone, chi in piedi e chi seduto, ascolta qualcuno che sta parlando. Tra loro, si riconosce il volto elegante e assorto di Franco Antonicelli, l’intellettuale antifascista torinese e parlamentare della Sinistra Indipendente. L’oratore, jeans chiari e camicia a quadri grandi, è in piedi su un tavolo: con la mano sinistra regge dei fogli, ma si intuisce che sta parlando a braccio e che ha conquistato l’attenzione di tutti.
Cominciò così una delle avventure più libere, democratiche e civili del giornalismo italiano del dopoguerra. L’autogestione della Gazzetta del Popolo che durò 14 mesi: i giornalisti e poligrafici del glorioso giornale subalpino uniti in una lotta mai vista nella storia dell’informazione italiana e con i vertici della Federazione Nazionale della Stampa Italiana che firmavano la sua gerenza per consentirne l’uscita in edicola. Per impedire la chiusura e la morte di un testata storica italiana sin dai tempi del Risorgimento, per conservare i propri posti di lavoro e per garantire al pluralismo dell’informazione una voce alternativa nella città degli Agnelli, della Fiat e del loro quotidiano, La Stampa.
Quel giovane giornalista in piedi sul tavolo, (Giampaolo Pansa citerà quell’episodio nel suo “Comprati e venduti”) era Claudio Donat-Cattin, allora giovane cronista che, però, aveva già vinto nel 1971 una delle prime edizioni del Premio Saint Vincent per l’inchiesta sullo “scandalo dei clinici” che aveva coinvolto i vertici della sanità pubblica e dell’ateneo torinesi.
Claudio se n’è andato oggi, all’alba della vigilia di Natale, a 79 anni, dopo un breve ricovero a Roma per una malore improvviso. Fu subito lui, primogenito di Carlo Donat-Cattin, sindacalista della Cisl, poi parlamentare e vicesegretario nazionale della Dc e capo della corrente della sinistra sociale di “Forze Nuove”, il “ministro dei lavoratori” che nel 1970 avrebbe firmato lo Statuto dei Lavoratori, il leader indiscusso e carismatico di quella battaglia per la Gazzetta che animò e coinvolse in quei mesi l’Italia e il Piemonte della politica, della società civile e dell’informazione.
Un ruolo che nel 1975, quando il giornale fu acquistato dall’editore Lodovico Bevilacqua, lo condusse quasi naturalmente alla carica di vicedirettore, al fianco di Michele Torre. Guidando con lui un giornale che non rinunciò mai allo spirito dell’autogestione: un giornalismo libero, senza collare. Simboleggiato dallo slogan della sua campagna pubblicitaria: “L’altra voce di Torino”. Negli anni delle grandi lotte operaie e poi degli “anni di piombo” (che lo coinvolsero tragicamente anche a livello famigliare) , dello sviluppo del Piemonte e delle prime esperienze delle istituzioni regionali, della trasformazione sociale e di costume di Torino. Ma senza mai dimenticare i grandi temi italiani e quelli internazionali. Fu proprio la Gazzetta del Popolo, infatti, a organizzare sotto la Mole, dopo la prima presentazione a Venezia, la “Biennale del dissenso in Unione Sovietica”. Claudio Donat-Cattin avrebbe anche rappresentato a lungo l’Associazione Stampa Subalpina nel Consiglio nazionale della Fnsi.
Da quel quotidiano, e da quell’esperienza con Claudio Donat-Cattin, hanno spiccato il volo giornalisti i cui nomi sono entrati nelle gerenze e nella guida di alcune delle redazioni più importanti dell’informazione italiana di carta. Come, tra gli altri: Ezio Mauro, Gianpiero Gramaglia, Gian Paolo Boetti, Filippo Di Stefano, Cesare Roccati, Cesare Martinetti, Antonio Di Rosa, Beppe Fossati, Salvatore e Franco Tropea.
Claudio era nato il 27 settembre 1943 a Murazzano (Cn), dove la madre Amelia era sfollata, mentre il padre Carlo era impegnato a Biella come sindacalista e come esponente dell’antifascismo clandestino (sarà membro per la Dc del CLN eporediese). Al giornalismo era arrivato giovanissimo, nel 1965, alla Gazzetta, seguendo una passione di famiglia: anche il padre Carlo era giornalista professionista e aveva lavorato all’edizione torinese del Popolo, il quotidiano della Dc, così come saranno giornalisti lo zio Antonio Donat-Cattin e il fratello Paolo.
Dopo la prima chiusura della Gazzetta del Popolo nel 1981, aveva dapprima collaborato a Gutemberg 2000, l’associazione e casa editrice su temi dei mass media fondata da Giovanni Giovannini, poi era stato vicedirettore del Giorno e infine vicedirettore di rete a Raiuno, dove aveva ricevuto le deleghe per tutte le trasmissioni e i programmi di attualità, conducendo anche, nel 1993, il programma “A carte scoperte”. Dopo la pensione, aveva continuato a collaborare, sino a pochi giorni fa, con la Rai, in particolare con “Porta a Porta”, la trasmissione che aveva contribuito a fondare nel 1996 assieme a Bruno Vespa, Antonella Martinelli e Marco Zavattini. Aveva anche conservato l’incarico di coordinatore della trasmissione speciale che ogni anno la Rai, in collaborazione con il Quirinale, manda in onda in occasione dell’avvio dell’anno scolastico. Come era accaduto il 22 settembre scorso a Grugliasco, alla presenza di Sergio Mattarella.